“Fermo, mi faccia controllare WhatsApp”: ora se ti fermano ti guardano il cellulare | È tutto legale
Le forze dell’ordine hanno la possibilità di fermare un conducente e chiedere di controllare WhatsApp: ma qual è il motivo?
Quando si parla di leggi italiane, è facile cadere nell’errore di pensare che alcune cose siano impossibili, mentre in realtà sono regolate dalla normativa. È questo il caso del Codice della Strada, recentemente aggiornato, ma già al centro di numerose critiche.
Tra le varie polemiche, una riguarda i limiti di velocità. Con la situazione degli incidenti stradali che resta preoccupante, il Ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, ha optato per un inasprimento delle sanzioni. Oltre a multe che arrivano a 173€ per chi supera i 10 km/h, si toccano cifre ben più alte se si oltrepassano i 40 km/h, con multe fino a 694 euro, che possono arrivare a 3.000€ oltre un certo limite, a seconda di vari fattori, tra cui la recidiva. E non dimentichiamo l’aumento dei controlli su strada.
Questa stretta ha scatenato il panico anche tra gli automobilisti più corretti. Ma ciò che ha suscitato maggior sorpresa è una notizia che circola da tempo: la possibilità che le forze dell’ordine chiedano di visionare le chat di WhatsApp. Ma è legale? Sì, e lo è per un motivo ben preciso.
“Mi faccia vedere WhatsApp”: la nuova prassi delle forze dell’ordine per i controlli in strada.
È tutto vero: le forze dell’ordine possono fermare un conducente e chiedere di controllare WhatsApp, ma questo avviene solo in specifiche circostanze legate a questioni di sicurezza stradale.
A quanto pare, l’accesso alle chat non è una violazione della privacy, ma una misura legittima in determinate situazioni. Come evidenziato dalla fonte ANSA, il controllo avviene principalmente quando ci sono segnali di attività illecite, come la condivisione di informazioni su autovelox o controlli di velocità da parte di utenti di chat collettive. Tuttavia, essendo un argomento delicato, è bene chiarire alcuni punti.
La legalità del controllo delle chat
In caso di sospetto che un automobilista stia partecipando a chat di gruppo dove si segnalano autovelox o tutor, le forze dell’ordine possono legittimamente esaminare le conversazioni su WhatsApp. Questo non costituisce una violazione della privacy, poiché l’obiettivo è prevenire l’interruzione del servizio pubblico, evitando che i conducenti possano eludere i controlli legittimi tramite informazioni condivise in tempo reale.
In Italia, infatti, la legge punisce chi diffonde informazioni relative ai dispositivi di controllo della velocità come tutor o autovelox. La sanzione è amministrativa, con multe che vanno da 825 a 3.305€, a seconda della gravità del caso.
Quindi, mentre l’adesione a chat che avvertono della presenza delle pattuglie non è di per sé illegale, qualsiasi tentativo di eludere le sanzioni tramite segnalazioni di autovelox può portare a una penalità. Questo tipo di sorveglianza ha l’obiettivo di tutelare la sicurezza stradale e il corretto funzionamento dei servizi pubblici, con pene proporzionali all’illecito.