Hai venduto su Vinted o Marketplace, adesso ti mandano le tasse da pagare: bordata del Governo sulle tasche degli italiani | Devi ridare tutti i soldi

Piattaforme_second_hand_-Depositphotos-_lagazzettadiviareggio.it

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Hai venduto un vecchio libro su eBay? O magari un paio di scarpe su Vinted? Potresti presto ricevere una spiacevole sorpresa.

Negli ultimi anni abbiamo assistito a una vera e propria rivoluzione nel modo di vendere e acquistare online.

Lo sviluppo di piattaforme come Vinted, Marketplace e eBay hanno dato vita a un nuovo modo di fare shopping, sempre più sostenibile e conveniente sia per chi compra che per chi vende.

Ma ora chi ha venduto occasionalmente un vecchio vestito o un libro su queste piattaforme potrebbe trovarsi a dover fare i conti con una pila di tasse da pagare.

 

È arrivato il momento di pagare

Una delle ragioni per cui le piattaforme come Vinted , eBay , Wallapop o Marketplace sono così popolari è la loro accessibilità economica. A differenza di un negozio online tradizionale, che richiede un investimento iniziale significativo per la creazione e la gestione del sito, su queste piattaforme puoi iniziare a vendere quasi senza costi. Non ci sono canoni mensili da pagare, né spese per l’hosting o la manutenzione del sito. Eppure vendere oggetti usati online potrebbe non essere così semplice come sembra. Non sempre, infatti, la vendita di articoli di seconda mano è esente da tasse ed è per queste ragioni che è fondamentale conoscere la normativa vigente per evitare spiacevoli sorprese.

La normativa fiscale relativa alla vendita di oggetti usati su piattaforme online non è sempre intuitiva. Sebbene in molti casi le piccole vendite occasionali siano esenti da imposta sul reddito, è importante essere consapevoli che esistono delle soglie e delle condizioni specifiche da rispettare che, se superate, possono attivare l’obbligo di aprire una partita IVA e versare le imposte. Superate queste soglie, potrebbero quindi scattare degli obblighi fiscali che vanno a tradursi in un carico elevato di tasse da pagare. Dal 2023, la normativa italiana è diventata ancora più stringente: le piattaforme online sono tenute a comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati relativi alle transazioni dei loro utenti. Questa misura, introdotta in seguito alla direttiva europea DAC7, mira a contrastare l’evasione fiscale e a rendere più trasparente l’attività di vendita online.

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Controlla quante vendite hai fatto

Per evitare spiacevoli sorprese con il fisco, è fondamentale conoscere le soglie oltre le quali è obbligatorio comunicare i propri guadagni derivanti dalla vendita online. In Italia, ad esempio, si considera superata la soglia rilevante quando si effettuano più di 30 vendite o si superano i 2.000 euro di guadagno in un anno.

Per chi supera le soglie previste, la piattaforma raccoglierà una serie di dati personali (nome, cognome, data di nascita, indirizzo, codice fiscale o partita IVA) e finanziari (IBAN e intestatario del conto). Tali informazioni, unitamente all’ammontare dei guadagni, verranno trasmesse all’Agenzia delle Entrate. Quest’ultima, sulla base dei dati ricevuti, valuterà se l’attività di vendita online rientra nell’ambito dell’obbligo di aprire una partita IVA.